Naming – quando la scelta del nome può fare la differenza
Uno, due, tre, prova… è l’ultimo acquisto dell’agenzia che vi parla! Da quando sono arrivata qualche settimana fa, sono stata catapultata in un mondo a me assolutamente sconosciuto, e sto pian piano prendendo confidenza con termini e concetti mai visti prima. Quando, durante uno dei primissimi incontri con un cliente, ho sentito parlare di naming, ricordo di aver pensato: ma davvero esiste una branca del marketing specializzata nella selezione dei nomi migliori per il proprio brand? A quanto pare sì, ed è un aspetto molto più importante di quanto si creda. Dopo aver sentito i ragionamenti che hanno portato alla nascita del nome KT25, ho compreso quanto impegno vi sia dietro la scelta di un nome che funzioni. Ponderare attentamente la propria decisione non solo garantisce al nuovo marchio maggiori opportunità di successo, ma soprattutto permette di evitare spiacevoli cadute di stile. Perché l’adozione di un nome sbagliato nel migliore dei casi diventerebbe motivo di grosse risate, ma nel peggiore potrebbe causare irreversibili danni di immagine e intaccare la reputazione dell’azienda.
Biglietto da visita
Come per le persone, anche per le aziende, il nome costituisce la prima informazione con cui il pubblico entra in contatto al momento delle presentazioni, una sorta di biglietto da visita che, volente o nolente, suscita delle associazioni e contribuisce in maniera sostanziale alla creazione della prima impressione. Nel mondo attuale, dove (quasi) tutto si fonda sulle apparenze, viene da sè che fare una bella figura sia fondamentale. Per questo un imprenditore o un imprenditrice che si trovino a stabilire il nome della propria attività, esattamente come un genitore con un figlio, dovrebbero meditare a fondo, così da prevenire la creazione di situazioni di irrimediabile imbarazzo. Quale genitore vorrebbe mai che la gente pensasse, con uno sguardo a metà tra il compassionevole e il sarcastico “Povero bambino”, o che il diretto interessato passasse la propria vita temendo il momento delle presentazioni per non dover giustificare la creatività dei genitore? Nessuno, tranne forse un certo imprenditore sudafricano che ha pensato fosse una buona idea chiamare uno dei suoi figli con una sequenza alfanumerica… Mi sembra superfluo sottolineare l’importanza di lasciare da parte qualsiasi estro o capriccio personale, tenendo, invece, in considerazione il futuro della nostra creatura, o in questo caso del nostro brand. Come ci ricorda la nota locuzione latina nomen omen – “Il nome è un presagio” – non bisogna sottovalutare la potenza di un nome, poiché esso non è che la prefigurazione del nostro destino. In parole semplici, i romani credevano nel concetto di “Fortunato di nome, e di fatto”.
Nomi parlanti
Che si tratti di aspettative realistiche o di utopistiche associazioni inconsce, i nomi parlano e creano delle suggestioni. E, per quanto inverosimile, quando ci prepariamo ad incontrare una persona che di nome fa Felice (o Allegra), aspettiamo di essere accolti con una giusta dose di calore e un sorriso a 32 denti.. o almeno questa è la mia esperienza. Da Laureata in lingue e letterature, non posso che trovare sostegno alla mia tesi nei numerosi nomi parlanti che popolano le pagine della letteratura, nel mio caso russa. Concedetemi qualche riga per dare sfogo alla mia latente vena intellettuale e fare un riferimento culturale a ciò che più mi appassiona. Prenderò ad esempio uno dei mattoni russi che forse vi sarà capitato di sentire nominare, anche solo per sbaglio: “Delitto e castigo” di Fedor Dostoevskij. Il nome del protagonista di questo romanzo è estremamente significativo, e pregno, Raskol’nikov contiene la parola Raskol’ che in russo significa scisma. La scelta, ovviamente, non è causale ma vuole indicare la lacerazione interiore che vivrà il giovane a seguito dell’omicidio commesso, e che porterà avanti la storia per…non so quante pagine, 700 forse? Troppe. Comunque, il lettore già dalle primissime pagine può capire che tipo di persona ha davanti, e immaginare che tutte le sue azioni e le sue scelte saranno segnate dal conflitto. Così come l’autore decide di presentare il proprio personaggio sotto una determinata lente, anche l’imprenditore può, e deve, ponderare la scelta del nome in modo da presentare al pubblico una creatura che “parli di sé”.
A scanso di equivoci
Ma senza per forza addentrarsi in noiosi riferimenti letterari, vi sono altri, e altrettanto validi motivi, per cui uno studio del nome si rende necessario, primo fra tutti il rischio di incappare in spiacevoli equivoci linguistici. Non di rado, capita che parole, ai nostri occhi innocue, assumano connotazioni discutibili in traduzione o che, per assonanza con slang e modi di dire locali, suscitino associazioni disdicevoli. Tra i rischi potenziali vi è sicuramente la possibilità che la scelta del nome errato collochi il vostro prodotto sul mercato sbagliato… tipo quello a luci rosse. Di questi esempi ve ne sono a bizzeffe, per averne un piccolo assaggio, è sufficiente inserire nella barra di ricerca del vostro browser “brand e nomi sbagliati”. E se pensate che i numeri possano risolvere la situazione, purtroppo state sottovalutando il loro potere. Anche le cifre possono innescare associazioni culturali inappropriate. Pensate al numero 17 che in Italia è associato alla sfortuna, o al numero 666, che penso si commenti da solo. Vagando su internet ho poi scoperto che l’Alfa Romeo 164, per poter uscire sul mercato asiatico senza suscitare il timore di una catastrofe imminente nei possibili acquirenti, ha dovuto cambiare nome e diventare Alfa Romeo 168. Perchè? Sembra che in certe zone dell’Asia il numero 164 rimandi all’idea di “morte diffusa”, a differenza del 168, ricondotto all’immagine decisamente più positiva di “ricchezza diffusa”. Ma allora se parole e cifre sono terreni potenzialmente pericolosi, optare per combinazioni casuali di lettere potrebbe essere la soluzione, penserà qualcuno di voi. Purtroppo no, nemmeno le sigle ci tengono al riparo da brutti scivoloni, e se decidete di optare per questa variante, mi raccomando di controllare sempre a cosa potrebbero rimandare. Io, ad esempio, eviterei di utilizzare per un brand le mie iniziali (SS), in quanto devono la loro (sconveniente) notorietà alla Seconda guerra mondiale.
KT25 – garanzia di qualità
E a proposito di sigle, siamo finalmente giunti alla parte che stavate aspettando, quella per cui probabilmente avete iniziato a leggere l’articolo. È giunto il momento di svelare l’arcano dietro il nome dell’agenzia: perchè proprio KT25? In primo luogo, KT è il simbolo internazionale dei carati, misura indice della purezza dell’oro, e riferimento per nulla celato al cognome della fondatrice dell’agenzia. State tranquilli, abbiamo fatto tutte le verifiche del caso, e KT è una sigla tutto sommato inoffensiva, però forse un po’ incompleta? Perché non aggiungere un numero allora? L’associazione più immediata sarebbe stata il 24, visto che l’oro di massima qualità ha una misura di 24 carati. Ma siccome l’obiettivo dell’agenzia è quello di proporre un servizio più che eccellente, il 24 non sarebbe stato sufficiente a trasmettere l’estrema cura verso il cliente, e l’attenzione (ai limiti del maniacale) per i dettagli. Ed ecco spiegato il 25!
Una volta trovato un nome convincente, si può tirare un sospiro di sollievo, ma non è finita qui, manca tutta la parte grafica, e anche questo richiede uno studio approfondito.
Ma meglio lasciare l’argomento per un altro articolo…
-Esse